Sempre più spesso si sente dire fra genitori, insegnanti, educatori e persone che a vario titolo hanno a che fare con i bambini “quel bambino è proprio iperattivo!”, non sta mai fermo, si distrae, non ascolta, non rispetta le regole. Molto facilmente si utilizzano termini inappropriati e stigmatizzanti; ma cosa davvero differenzia un disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD) da una eccessiva vivacità?
L’adhd è un disturbo evolutivo di origine neurobiologica che è presente sin dalla nascita e coinvolge sia aspetti cognitivi (attenzione), sia aspetti comportamentali (impulsività) e motori (iperattività); le manifestazioni possono essere differenti, a seconda dell’età del bambino, del sesso e della gravità del disturbo.
La maggior parte dei bambini è disattenta, iperattiva o impulsiva; il problema infatti non risiede tanto nella vivacità, che di per sé è funzionale e necessaria per un adeguato sviluppo del bambino, quanto nel fatto che tali caratteristiche sono eccessive, insistenti, disfunzionali e pervasive, tanto da compromettere il normale funzionamento del bambino nel contesto scolastico, familiare e sociale
Man mano che il bambino cresce le difficoltà legate ai problemi attentivi, di memorizzazione, di concentrazione, di organizzazione, di pianificazione e di percezione del tempo interagiscono primariamente con le richieste scolastiche, generando difficoltà che si riscontrano a scuola sia sul piano degli apprendimenti che nelle relazioni amicali.
La possibilità di individuare precocemente, anche prima dell’inserimento scolastico, i predittori di un eventuale disturbo porta a poter prevedere una migliore evoluzione dei sintomi e delle complicanze secondarie spesso associate con il disturbo stesso, come la bassa autostima, l’ isolamento, le difficoltà di apprendimento. Migliora anche la qualità dello sviluppo stesso del bambino e delle sue relazioni.
Di solito la diagnosi viene fatta intorno ai 7 anni, con l’inizio della scuola primaria, momento in cui c’è una maggiore evidenza della sintomatologia: il bambino con adhd ha difficoltà a mantenere l’attenzione e la concentrazione su un compito o nei giochi per un periodo prolungato, si distrae facilmente, commette molti errori, sembra non ascoltare, ha difficoltà nell’organizzazione dei compiti, passa da un’attività ad un’altra senza portarle a termine, sembra non ascoltare. Inoltre mostra delle difficoltà a rimanere fermo seduto sulla sedia, ha necessità continua di muoversi, alzarsi, correre e arrampicarsi senza mai stancarsi, come fosse motorizzato. Alle volte è anche un bambino impulsivo, che non rispetta il proprio turno, interrompe e si intromette, “spara” le risposte, sembra non avere percezione dei pericoli, non si da il tempo per riflettere.
Cosa fare se questa descrizione sembra proprio quella di mio figlio?
Innanzitutto è fondamentale fare una diagnosi attenta ed accurata presso centri clinici specializzati, per poi intervenire in tutti gli ambiti di vita del bambino e strutturare un intervento multimodale con genitori, insegnati e bambino stesso.
I genitori spesso si sentono vittime di sensi di colpa e vissuti di inadeguatezza, responsabili della situazione e impotenti di fronte a episodi che non riescono a dominare: sarebbe opportuno per loro un percorso di sostegno psicologico per elaborare i pensieri, le credenze e le aspettative disfunzionali verso il proprio ruolo di genitori e il peso della responsabilità verso il comportamento del proprio figlio/a: sarebbe utile a questo scopo avviare un percorso di Parent Training per acquisire gli strumenti più adeguati e funzionali alla gestione dei comportamenti del proprio figlio ed organizzare le risorse necessarie per fronteggiare i momenti di stress acuto.
La scuola: è di fondamentale importanza una buona alleanza con la famiglia e una strutturazione adeguata degli spazi, dei compiti e dei tempi di lavoro. La direttiva del 27/12/2012, la successiva Circolare Ministeriale del 6 marzo 2013, la nota del 27 giugno 2013 e la recentissima ulteriore nota del 22/11/2013 emanata dal MIUR include i ragazzi con diagnosi di ADHD tra gli alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES) e riconosce al Consiglio di Classe un ruolo professionale centrale agli insegnanti nel monitoraggio di procedure, metodologie e pratiche anche organizzative, con l’obiettivo comune di migliorare sempre più la qualità dell’inclusione, valorizzazione delle diversità e delle potenzialità di ciascuno. La scuola ha quindi un ruolo centrale nella gestione attiva della problematica, a patto che abbia gli strumenti necessari per entrare a pieno titolo nel lavoro di rete che va via via costruendosi intorno al bambino.
Il bambino: a seconda della gravità e della pervasività del disturbo le strade da percorrere sono due: certamente un lavoro finalizzato ad avere un maggiore controllo dell’impulsività, a gestire meglio l’iperattività motoria e migliorare la qualità dell’integrazione sociale e relazionale; accanto a ciò, in casi particolarmente difficili e sotto stretto controllo medico (esiste un apposito registro gestito esclusivamente dal Ministero della Salute), si può pensare ad un trattamento farmacologico.
Ma prima di arrivare a questo proviamo a percorrere tutte le strade possibili: mi sembra proprio il caso di dire che…INSIEME si può!